I LONGOBARDI IN ITALIA

 I Longobardi, guidati dal re Alboino (568/572), come narra Paolo Diacono (storico longobardo nativo di Cividale e monaco a Montecassino) nella sua Historia Longobardorum  scritta nell'ultimo trentennio dell' VIII secolo, lasciano gli insediamenti pannonici (odierna Ungheria) durante la Pasqua del 568 per muoversi alla conquista dell'Italia, forse invitati dal generale bizantino Narsete e contemporaneamente spinti verso Occidente dai Vandali.

In Italia questo popolo giunge dopo avere superato le Alpi Giulie e trova probabilmente una situazione generalizzata di miseria e desolazione. Infatti la penisola è da poco uscita stremata dalla sanguinosa guerra greco-gotica (535-553), che aveva visto contrapporsi gli Ostrogoti e i Bizantini dell'imperatore Giustiniano, il quale inseguiva l'ambizioso sogno di riunire l'impero romano.

I Longobardi occupano subito Cividale del Friuli, che piene caposaldo militare e sede del primo ducato longobardo italiano, che il re Alboino affida a Gisulfo, suo scudiero e forse nipote.

La coscienza dell'importanza della difesa delle terre conquistate, unita alle tradizioni guerriere proprie a tutti i popoli germanici è già chiara nelle condizioni che il nuovo duca Gisulfo impone al suo re e, cioè, di potersi scegliere le fare ( clan o gruppi parentali estesi, i cui uomini liberi dovevano costituire il nerbo militare provvedendo alla difesa della loro gente) che ritenesse più adatte, per fedeltà e valore.

E' certo che la fara dovette costituire il nucleo di base delle modalità di insediamento sul territorio, sia per l'occupazione del suolo sia per la sua difesa. La parola fara si radica nella toponomastica con numerosi esempi nella sola Lombardia, costituendo spesso una testimonianza dell'occupazione longobarda di un sito. Ad esempio ricordiamo: Fara d’Adda nei pressi di Coronate, scelta (secondo la tradizione scritta) come area di insediamento del gruppo di Autari, dove il sovrano fece erigere una chiesa a Fara Olivana vicina a S. Giovanni e dove è stata messa casualmente in luce una necropoli longobarda notevole per la ricchezza dei corredi guerrieri.

Alboino con il suo esercito (composto anche da Gèpidi, Bulgari, Sassoni, Sarmati, Svevi) e il popolo occupa successivamente, seguendo i percorsi delle strade romane, Vicenza, Verona, le altre città del Veneto (esclusa Padova, Monselice e, nell'odierna Lombardia, Mantova), e prosegue poi verso Brescia, Bergamo, Milano, ed altri centri dell'Italia settentrionale. Pavia, che penterà la capitale, resistette per tre anni; L' Isola Comacina, importante baluardo della resistenza bizantina venne espugnata solo nel 588 dal re Autari (584/590).

Verso il 571/572 furono occupate la Tuscia e i territori di Benevento e Spoleto. Questi ultimi costituirono i due grandi ducati meridionali (Longobardia Minor) (nord + Toscana = Longobardia Maior).

In genere le città più importanti pennero centri ducali, preposti al controllo di un territorio il cui governo viene affidato a duchi scelti per il valore e/o la nobiltà di stirpe di appartenenza.

Riguardo ai gruppi di altra etnia, testimonianza della loro presenza, ricorda Paolo Diacono, è rilevabile dalla toponomastica. Così, ad esempio, Bolgare (Bg) prese il nome dai Bulgari, Sermide (Mn), dai Sarmati, Zibido San Giacomo (Mi) dai Gèpidi.

Sono frequenti in Paolo Diacono i riferimenti alle armi, alla lancia, allo scudo, all'elmo, all'ascia, alle frecce, ai cavalli, alle grandi battaglie condotte nei campi aperti durante gli insediamenti pannonici e prepannonici. Sono presenti in questi racconti gli echi delle tradizioni religiose pagane delle stirpi germaniche del Nord, delle pinità delle saghe eroiche che nel medioevo verranno trascritte e sottratte così alla tradizione precedente esclusivamente orale.

I Longobardi, forse di origini scandinave e chiamati anticamente Winnili, ma stanziati già nel I secolo a.C.  nelle regioni poste presso le foci del Fiume Elba, hanno come dio principale Wotan (Odino secondo altre letture a carattere regionale), un dio che sovrintende ai guerrieri, e come dea sua moglie Freia, in saghe più tarde preposta alla fertilità.

Nel corso del consolidamento e dell'espansione del regno longobardo in Italia Agilulfo (590/616) espugnò alcune città dell' Emilia, della Lombardia e del Veneto, come Piacenza, Parma, Padova, Monselice, Cremona, Mantova e Brescello, che erano state escluse dalle prime campagne di conquista.

La Liguria e la Lunigiana, invece, caddero sotto il dominio longobardo più tardi, con Rotari (636/652). Altri territori e importanti centri urbani rimasero dominio bizantino, nonostante momentanee occupazioni e tentativi di conquista. Tra questi le città della costa adriatica, come Ravenna (sede dell'esarca bizantino), Roma, dove si era ormai consolidato il potere papale, Napoli, Cuma e la Calabria meridionale. Anche la fascia appenninica che collegava Roma a Ravenna non cadde mai in possesso dei Longobardi e, nonostante l’importanza dei ducati centro-meridionali, il cuore della loro dominazione fu costituito soprattutto dai territori settentrionali della penisola e della Tuscia.

Ad Alboino, morto tragicamente nel 572, succede Clefi, che regnò soltanto due anni. A questi due sovrani seguirono dieci anni di anarchia, durante la quale ogni duca portò avanti la propria politica personale, sia nel governo del proprio territorio, sia in manovre militari dirette verso i confini bizantini.

Con l'elezione di Autari, figlio di Clefi, vennero fondate le basi per una durevole monarchia.

Il sovrano, nobilitato dal titolo di Flavius, si fece consegnare dai duchi metà delle loro sostanze per le necessità della corte  e dei dignitari regi: è in questo momento che assistiamo, dunque, al formarsi di uno stabile apparato di corte e di una classe di funzionari di differente grado e mansioni a tutela del potere regio, concretamente espresso in terre e corti di proprietà del fisco. Personalità scelte dal re, non necessariamente tra le famiglie più nobili, che assumeranno con il tempo ruoli persi, secondo una precisa scala gerarchica, come gastaldi, sculdasci e gasindi.

Una testimonianza dei tentativi di autonomia dei duchi che costellarono la dominazione longobarda furono, ad esempio, le ribellioni , sotto Agilulfo, di Mimulfo duca dell'isola d'Orta (590), che era passato dalla parte dei Franchi aiutandoli a raggiungere la pianura padana fin presso Milano.

Furono questi gli anni in cui i confini settentrionali della Longobardia manifestarono maggiormente la loro debolezza, attraverso le valli del Ticino e del Sempione ad occidente, le valli dell'Adige e del Trentino ad oriente. Usando questi sbocchi i Franchi raggiunsero Milano e Verona, distrussero castelli nel veronese e nel trentino e probabilmente si affacciarono in Val Camonica.

Anche la rivolta di Alachis, duca di Trento e poi di Brescia, provocò grossi problemi al monarca Cuniperto, il quale infine riuscì a sconfiggere l’avversario a Coronate d'Adda (693).

La politica di Agilulfo tese a rafforzare la dominazione longobarda e l'immagine della monarchia. Questo potè avvenire sia grazie all'opera della moglie Teodolinda, che intratteneva buoni rapporti con il papa Gregorio Magno e che, con l'attività di conversione al cristianesimo romano, provocava un maggior avvicinamento tra la popolazione locale e quella dei dominatori, sia con la politica militare di rafforzamento dei confini.

L’avvicinamento al cristianesimo fu sottolineato anche dall'attività di promozione di chiese e monasteri, anche con aiuti economici patrimoniali.

Agilulfo, dunque, lasciò una monarchia più forte ed è probabile che si debbano a lui il rafforzamento e la riorganizzazione dei presidi militari e dei centri fortificati situati in posizioni nodali per la difesa del regno.

Con Autari e Agilulfo le influenze delle tradizioni sociali e culturali del mondo romano e bizantino si fanno evidenti; ad esempio a Pavia, scelta come capitale per ragioni di maggiore difendibilità e per il rilievo commerciale, rimane viva la cultura notarile del passato, che inciderà nella stesura dei diplomi regi e di altri documenti scritti importanti, come l' Editto di Rotari (643).

Esistono fonti iconografiche, come la lamina frontale dell'elmo della Valdinievole e gli anelli sigillari, databili ai primi decenni del VII secolo, che mostrano come le classi di governo longobarde abbiano ormai assunto scenari, cerimoniali, gesti e capi d’abbigliamento tratti dalla tradizione romana tardo imperiale e bizantina.

La cultura ornamentale germanica, espressa soprattutto nell'oreficeria e negli elementi dell'equipaggiamento guerriero, continua a tenere vive le tradizioni nordiche,  soprattutto nelle regioni settentrionali,  riconoscibile nello stile animalistico presente su fibule, croci auree e guarnizioni di cinture.

Sappiamo ancora molto poco sulle località e le botteghe che producevano questo genere di oggetti.

Rotari (636/652) è il re che connota definitivamente la monarchia come entità giuridica e territoriale sovrana: a lui si deve l' Editto, il corpo di leggi, scritto in Latino e promulgato dal Palazzo di Pavia, che impone il diritto in osservanza del quale governare la comunità dei sudditi e che da forma scritta alle antiche tradizioni orali della gente longobarda.

L'attività militare di Rotari ebbe come risultato la conquista di tutte le città liguri costiere di tradizione romana, dal confine con i Franchi a Luni. 

Cadde sotto il dominio longobardo anche Oderzo, tra Treviso e Cividale, che venne distrutta; andò invece male il tentativo di avvicinarsi a Ravenna.

Grimoaldo (661/671) duca di Benevento, salito al trono anche in seguito al matrimonio con la figlia di Rotari, dovette contrastare una invasione franca in Piemonte, difendere il ducato di Benevento da uno sbarco di Bizantini effettuato a Taranto, sbarazzarsi di alcuni duchi infedeli e affrontare la ribellione al suo potere da parte di alcune città.

Nel 671 è re Pertarido, che con la moglie Rodelinda fondò a Pavia la chiesa di S. Agata e quella dedicata alla madre di Dio fuori dalle mura della città, in un luogo dove probabilmente sorgeva un cimitero, come indicava il toponimo 'alle Pertiche', derivante dalla tradizione longobarda di segnare con pertiche sormontate da una colomba di legno gli spazi tra le sepolture dei propri morti.

Il figlio Cuniperto venne associato al trono dopo circa sette anni di regno (688/700) e a lui spettò di difendere la monarchia da Alachis, che aveva l'appoggio di gran parte della popolazione poiché ne interpretava i sentimenti più radicalmente conservatori nel senso del nazionalismo anticattolico ariano.

Il legittimo sovrano vinse, come già detto, a Coronate d'Adda, protetto da S. Michele, che era apparso ad Alachis a ricordargli l'antico giuramento prestato ed impedendogli di battersi a duello con il re.

Si manifesta in questo episodio il latente dualismo della politica longobarda: da un lato il desiderio di mantenere una propria fisionomia culturale per distinguersi dalle popolazioni locali, dalla politica papale e anche dai cattolici Franchi da parte di alcuni gruppi, dall' altra una visione più politica e diplomatica, che vedeva nella collaborazione con il papa e nell'adesione al cristianesimo ufficiale romano il minor male possibile per la sopravvivenza del regno.

Con Cuniperto inizia una nuova monetazione a carattere nazionale e si abbandonano i prodotti di imitazione bizantina.

Liutprando (712/744) fece aggiornare ed integrare l' Editto di Rotari, ormai superato in alcune sue parti. Tra gli interventi legislativi più importanti, che rispecchiano mutamenti di costume, di cultura e un pò più diffuso benessere, rientrano una maggiore protezione degli istituti ecclesiastici e monasteriali e la concessione della libertà di diritto anche ai romani, che vengono integrati nella struttura del regno.  Tutti gli uomini liberi, però, devono prestare il servizio militare per la difesa della nazione.

L'intero territorio longobardo viene sudpiso in circoscrizioni dette 'civitates' o 'iudicarie', sottoposte, anche se facenti capo ad un duca, al controllo dei giudici regi in modo che la consueta autonomia dei duchi fosse maggiormente sotto controllo.

In questo periodo fa la sua comparsa anche la classe dei mercanti, che ormai era andata accumulando ricchezza e potere. Sotto Liutprando alcuni duchi, spesso di propria iniziativa e approfittando del momento di difficoltà dell'impero d'oriente, sia sul fronte persiano sia col papa per problemi religiosi, guidarono imprese militari contro i territori del papato e giunsero alla conquista della città fortificata di Cuma, riscattata dal pontefice con settanta libbre d'oro, e di Classe, restituita all'esarcato dal duca di Benevento per ordine di Liutprando. Lo stesso re assediò senza successo Ravenna ed occupò numerosi insediamenti fortificati dell'Emilia.

Nel 750 il re Astolfo (750/756) equipara i mercanti ai proprietari terrieri che hanno pecunia, cioè beni mobili (da intendere come grandi mandrie di bestiame), e li obbliga a prestare servizio militare provvedendo al loro armamento.

Astolfo conquistò Ravenna e questo gesto venne inteso come un vero e proprio attentato al papa, che decise di chiedere aiuto al re dei Franchi Carlo Martello. Il quale, dopo lunghe trattative, scese in Italia una prima volta nel 754, quando Astolfo, dopo essere stato attaccato presso Susa, dovette rifugiarsi a Pavia, la seconda nel 756 perché il re longobardo non solo non aveva mantenuto i patti stipulati dopo la prima sconfitta, ma aveva osato marciare contro Roma, devastando e saccheggiando le campagne circostanti.

Per Astolfo quella del 756 rappresentò la sconfitta definitiva, che costò alla monarchia longobarda la restituzione di tutte le città sottratte all’esarcato ed il pagamento di un tributo annuo ai Franchi.

La dominazione longobarda era ormai destinata ad avere fine, anche perché il re Desiderio (756/774) condusse una politica oscillante  tra diplomazia e garantismo nei confronti del papa e nuove spedizioni nei territori di quest'ultimo. Questo causò il ripetersi della richiesta di aiuto del papa al re dei Franchi, che il quel tempo era Carlo Magno. Nuovamente Pavia venne assediata e nell'anno 774 il re longobardo ed il figlio Adelchi vennero definitivamente sconfitti.

Nei circa due secoli di occupazione longobarda dell'Italia (568-774) i costumi di queste genti erano molto cambiati, sia per il progressivo avvicinamento alla cultura delle popolazioni locali, sia per l'adesione lenta ma progressiva al cristianesimo romano, sia ancora per aver acquisito il senso giuridico della proprietà e del territorio, rispetto alle tradizioni seminomadi e guerriere dalle quali provenivano.

Riguardo agli insediamenti, nella prima fase di occupazione si dovette seguire la logica di conquista delle principali città e di controllo militare e strategico del territorio, con stanziamenti di difesa localizzati nei punti a maggior rischio (snodi viari, ponti, fiumi, laghi a ridosso di vallate, fortificazioni romane, …). Occorre pensare a stanziamenti sparsi, forse anche mobili (le fare ), disposti intorno ad aree da proteggere come piccoli nuclei abitativi e villaggi. In seguito, con il rafforzarsi dei confini e l'acquisizione di proprietà terriere, si ebbe maggiore stabilità e una distribuzione più organizzata.

Abbiamo ancora scarsissime informazioni sugli insediamenti longobardi della prima e della seconda fase di occupazione e sappiamo ancora molto poco, ad esempio, su quali aree della città occupate essi scelsero come propria dimora.

A parte le informazioni tramandate dalle fonti scritte, che parlano della conquista di città romane, di castra e di cittadelle fortificate, il paesaggio prevalente è quello rurale di corti agricole, di fattorie, di case, di edifici rurali e di capanne sparse per la campagna.

Dal punto di vista archeologico sono pochi gli insediamenti longobardi conosciuti; quello scavato nell'area dell’ex monastero di S. Salvatore/S. Giulia a Brescia è forse il meglio noto.

Il terreno occupato dalle capanne longobarde insiste sul suolo corrispondente a due insulae della città romana ed è situato ai piedi del colle Cidneo, vicino alle porte urbiche principali, in una posizione che può forse trovare confronti con Pavia.

Troppo poco si conosce ancora per Milano, dove si presume che i Longobardi occupassero l'area del palazzo e degli edifici pubblici tardoimperiali.

Recentemente scavi condotti dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia hanno messo in luce una necropoli a Leno loc. Campi S. Giovanni, zona già nota in precedenza per ritrovamenti di tombe longobarde.

Resti di un villaggio altomedievale con tracce di capanne ed una piccola necropoli, con tombe prive di corredo, sono emersi a Manerbio (scavo in Piazza Bianchi).

Più ricca è la documentazione per quanto riguarda ritrovamenti fortuiti e scavi regolari di tombe e necropoli longobarde, che forniscono indicazioni importanti, ma non permettono di localizzare esattamente gli abitati a cui dovevano riferirsi; anche se questi non dovevano essere troppo distanti.

Tombe e necropoli sono distribuite in modo abbastanza capillare in tutte le regioni d'Italia settentrionale, dal Friuli al Piemonte. In Lombardia la concentrazione maggiore si ha nel territorio bergamasco ed in quello bresciano, che coincidono con i due maggiori ducati longobardi. Un indagine relativa al territorio bergamasco ha inoltre evidenziato la prossimità di tombe e necropoli a strade romane e a vie d'acqua, nonché il fatto di essere vicino a centri abitati che hanno restituito testimonianze archeologiche anche di epoche precedenti (età romana e tardoromana).

Le necropoli longobarde sono contraddistinte dalla loro organizzazione e pianificazione: le sepolture sono allineate su una o più file parallele, secondo il costume merovingio adottato già prima della venuta in Italia, con una certa regolarità.

Le tombe sono orientate Est/Ovest; generalmente il corpo dell'inumato è deposto con il capo che guarda al Est, supino e con le braccia allungate sui fianchi o incrociate sul petto.

Nelle necropoli di Nocera Umbra e di S. Stefano in Pertica a Cividale del Friuli si è osservata l'esistenza di nuclei di sepolture isolati da altri, che probabilmente corrispondono a gruppi familiari. In alcuni cimiteri sono stati lasciati spazi liberi tra le sepolture per nuove eventuali deposizioni. In certi casi si sono inpiduate espansioni delle aree cimiteriali all'esterno dei nuclei di tombe più antiche.

Raramente è documentato il persistere della tradizione germanica di seppellire accanto al cavliere il suo cavallo.

Vicino al corpo del defunto venivano deposti gli oggetti che utilizzava in vita: nel caso di tombe maschili l'elemento distintivo anche etnicamente (germanico in senso lato) sono le armi, per le donne alcuni accessori dell'abbigliamento, fibule e più in generale monili. Sul corpo si trovano spesso i resti del tessuto degli abiti (fili d'oro da broccato, più raramente brani di tessuto o di cuoio, che essendo sostanze organiche deperiscono facilmente) e gli accessori relativi, spille di chiusura, fibbie da cintura, da calzatura, da giarrettiere.

Si conservano a volte anche resti di cibo, forse connessi al rito del banchetto funebre: generalmente ossa di pollo, di agnello, di maiale, gusci d'uovo.

I Longobardi mantengono la tradizione di seppellire il defunto con gli abiti civili o di rappresentanza o del costume nazionale, e non di avvolgerlo solo nel sudario come era previsto per i cristiani ortodossi, che costituivano la popolazione locale.

Nelle sepolture che è possibile definire propriamente longobarde è evidente la differenza di funzione sociale tra i due sessi, già evidenziata dalle fonti scritte. Gli uomini sono essenzialmente guerrieri. La donna è più sensibile all’influenza del costume e alla moda locali (nelle fibule e in alcuni gioielli questo dato è evidente).

La presenza del corredo funebre nelle tombe longobarde, oltre a rientrare in una concezione pagana dell' al di là, conferma quel senso di concretezza della cultura germanica che trapela anche dall' Editto di Rotari, dove il principio giuridico non fornisce soltanto regole di comportamento, ma stabilisce anche il valore ed il costo dei singoli oggetti, che vengono ad assumere un ruolo considerevole soprattutto su basi economiche e quali simboli di rango. La salvaguardia del corpo di un uomo morto e del suo corredo rientra nelle norme dell' Editto: violare una sepoltura e spogliarne il cadavere è colpa che vale novecento soldi d'oro; somma ragguardevole che rivela il forte culto dei morti e degli antenati.

Verso la fine del VII secolo l’adesione al cristianesimo romano provoca l'abbandono dei rituali funerari pagani e la tendenza, sempre più accentuata con il passare del tempo, a farsi seppellire attorno alle chiese o all'interno delle stesse. Uso quest'ultimo che piene quasi di rito, da un certo momento in poi,  per i sovrani longobardi.

Le tombe hanno strutture persificate, del tutto simili a quelle genericamente altomedievali. La fossa può essere circondata da muretti in pietra, a secco o connessi con legante, composti da più lastre di pietra o monolitiche, in laterizi…

Spesso i muretti sono costituiti da materiali misti, sovente di spoglio (recuperati da edifici o aree cimiteriali romane).

La forma può essere rettangolare, trapezoidale, antropoide. Alcune volte il defunto è deposto in una bara lignea, calata nella fossa, come attestano gli angolari in legno che tenevano insieme le assi.

Non è infrequente, ma caratterizza personaggi d'alto rango, l'uso di sarcofagi o di tombe coronate da coperture lavorate in pietra monolitica.

Nei manufatti che sono presenti nei corredi rinvenuti nell'Italia settentrionale sono più evidenti i caratteri germanici dei Longobardi e nella struttura formale e decorativa degli oggetti traspaiono chiaramente i contatti commerciali e culturali con le popolazioni transalpine confinanti. Questo vale ad esempio per le croci in lamina d'oro decorate a stampo, per gli amboni da parata ornati con placche in bronzo dorato, per le guarnizioni da cintura lavorata ad agemina.

Anche la ceramica con decorazione geometrica a stralucido e stampiglia è documentata soprattutto in queste aree geografiche.

Nelle regioni centromeridionali è invece più evidente l'assimilazione del costume mediterraneo o bizantino, inerente soprattutto i gioielli e accessori del costume femminile.

Oltre all'armamento di base completo (spada, scudo, lancia) nelle tombe maschili si trovano altri accessori dell'equipaggiamento militare come lo scramasax, coltello robusto dalle molteplici funzioni, le cinture reggiarmi, con complesso sistema di cinghie di sospensione, gli speroni. Equipaggiamenti più ricchi presentano anche corazze e elmi.

Un particolare potere all'interno della società longobarda è sotteso ai preziosi anelli aurei a sigillo, sul cui significato si è discusso a lungo domandandosi se qualificassero alti funzionari di corte.

Le tombe femminili si distinguono soprattutto per la presenza di gioielli: collane, orecchini, anelli,… ma soprattutto per le fibule, ornamenti ed insieme accessori per l'abbigliamento.

Nelle sepolture vengono infine deposti oggetti comuni ad entrambi i sessi, d'uso quotidiano: coltelli, cesoie, pettini, amuleti, vasetti di terracotta.

Il potere economico del defunto, le sue relazioni con altre popolazioni, gli scambi commerciali o di doni, sono attestati dall'uso e dall'abbondanza di manufatti di metallo o di materiali preziosi, dai gioielli, da materiali d'importazione come brocche e bacili di bronzo, da scrigni d'avorio, da monete, da bicchieri ed altri contenitori di vetro.        

 

B. P.

 

Conferenza tenuta presso il Piccolo Teatro nell’ambito delle attività culturali promosse dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con il Museo Civico di Manerbio e il Gruppo Storico Archeologico.

 

Riferimenti Normativi

Ultima modifica: Mar, 07/07/2015 - 10:11