APPROFONDIMENTI STORICI

Sembra che i primi abitatori fossero gli Iberi, succeduti dai Liguri e, poi, dagli Etruschi, I quali diedero un impulso significativo al suo sviluppo, l'inquadramento sociale e il nome al Comune: Manerbio. Era infatti un luogo consacrato alla dea Minerva ed era chiamato “Vicus Minervae” o addirittura “Minervium”, cioè luogo, rocca, tempio di Minerva (Minerva, col nome di Maneruva o Menrva, faceva parte della suprema triade divina etrusca (Tinia, Uni e Menrva) poi entrata a far parte del pantheon romano.

Il dominio degli etruschi durò fino al 395 a.C., quando il paese venne completamente distrutto dall'invasione gallica. Con l’avvento dei romani a Manerbio fu riconosciuto un ruolo di centro nevralgico per l’amministrazione di tutta la pianura bresciana. Grazie a scavi archeologici compiute nelle campagne attorno alla città sono stati rinvenuti diversi manufatti (di cui alcuni prodotti di pregio realizzati con modalità di lavorazione fino a quel momento sconosciute) ed una necropoli di grande valore. Tra i reperti archeologici rinvenuti anche una spada celtica, delle falere (oggi esposte presso il museo di Santa Giulia in Brescia) le monete che costituivano il tesoro di alcune tribù celte.

L’affermazione della religione cristiana fu il volano per la crescita e lo sviluppo della Pieve locale, intitolata a San Lorenzo Martire che, seppur ricostruita più volte e pur con un diverso orientamento, si trova ancora nella posizione occupata dal primo edificio di culto (che si crede fosse stato a sua volta edificato su un tempio dedicato alla dea Minerva). Tra le altre testimonianze della fede cristiana vanno ricordate anche la chiesa di San Martino (di cui oggi il ricordo è mantenuto dall’intitolazione della via lungo cui fu presente da epoca assai precoce fino al 1798) ed un monastero femminile scomparso già in epoca medioevale e di cui rimane solo un toponimo (località monastero).

Proprio nel corso del Medioevo furono realizzate tre roccaforti di difesa (Castello, Castelletto e Castellar)e nel corso della sua storia il Comune si trovò ad essere più volte teatro di battaglie. Da alcuni libri di storia locale apprendiamo che il Castello venne distrutto ben undici volte, soprattutto per le lotte tra il Veneto (Scaligeri prima e Venezia poi) e Milano a cui Manerbio guardò sempre con simpatia. Proprio a causa di un tentativo di ribellione ai danni della Repubblica la Serenissima cercò di privare Manerbio della sua rilevanza rispetto ai paesi limitrofi.

Intorno al 1540, il borgo ebbe l'onore di ospitare un grande artista rinascimentale, il bresciano Alessandro Bonvicino detto il Moretto, che dipinse la pala ancora oggi presente nella Chiesa principale presso l’altare maggiore, probabilmente commissionata da don Silvio Luzzago, membro della famiglia nobiliare che fu un ingombrante presenza per Manerbio per tutto il corso della propria storia e fino ai primi del XX secolo, quando liquido le ultime proprietà presenti sul territorio comunale ritirandosi definitivamente sul mantovano.

La potenza della famiglia Luzzago, le cui fortune cominciarono verso la fine del XIV secolo, è testimoniata da due dei palazzi di principale valore storico del paese, palazzo Luzzago e palazzo Ghirardi. Mentre il secondo rimane ancora oggi residenza privata, Palazzo Luzzago di Bagno è la sede del Municipio e del Centro Culturale del Comune (ospitato presso la foresteria seicentesca).
Non va dimenticato che durante il periodo Risorgimentale la città ebbe una rilevanza significativa. Diversi manerbiesi furono attivi nel corso delle Dieci giornate di Brescia e Tito Speri, eroe bresciano e patriota, trovò l’amore proprio qui. Presso la Biblioteca Queriniana sono conservate numerose lettere indirizzategli dalla sua amata, Fortunina Gallina e spedite da Manerbio. La battaglia di San Martino e Solferino, svoltasi a pochi chilometri, mise alla prova l’altruismo e la solidarietà dei manerbiesi che non mancarono di prodigarsi per soccorrere i numerosissimi feriti e che ricevettero per le loro gesta importanti onorificenze. Nei medesimi anni poi fu realizzato l’attuale cimitero alla cui realizzazione diede il proprio contributo anche il celebre ingegnere ed architetto Rodolfo Vantini.

All’inizio del XX secolo si stabilì a Manerbio un lanificio francese che cominciò il percorso di industrializzazione del borgo. Furono realizzate le prime case popolari (lungo l’attuale via Piave) e le abitazioni dei dirigenti di spiccato gusto francese (collocate nell’attuale via S. Martino). A seguito della situazione debitoria maturata nei confronti dell’azienda guidata da Gaetano Marzotto la proprietà dell’insediamento cambierà passando sotto il controllo dell’imprenditore di Valdagno.
L’ampliamento dello stabilimento favorirà l’occupazione femminile permettendo a tante famiglie manerbiesi di poter contare, con largo anticipo rispetto agli altri insediamenti della bassa bresciana, sul contributo reddituale della donna e non solo quello del marito e capo famiglia.

Negli anni successivi saranno realizzati una serie di interventi, oggi costituenti la Città Sociale di stile piacentinaino, che doteranno il paese di strutture sportive, ricreative, sociali e realizzeranno uno dei primi progetti italiani di housing sociale. Al suo apice l’opificio occupava circa quattromila lavoratori che diminuiranno progressivamente fino alla chiusura definitiva del lanificio avvenuta nel 2001.

Riferimenti Normativi

Ultima modifica: Mar, 07/07/2015 - 09:38